17 Apr I farmaci servono per debellare le malattie o le malattie servono per vendere farmaci?
I farmaci servono per debellare le malattie o le malattie servono per vendere farmaci?
Carlo de Michele
29 maggio 2010
Il 9 Giugno 2006 l’EMEA (l’ente Europeo per l’approvazione dei farmaci) ha consentito l’uso del Prozac nei bambini a partire dall’età di 8 anni affetti da sindrome depressiva, anche se con l’obbligo di iserire un “warning” nei confronti del possibile incremento delle tendenze suicidali ed un invito ad iniziare il trattamento farmacologico solo dopo il fallimento del trattamento psicologico articolato in 4-6 sedute (!).
Tale decisione arriva circa due anni dopo quella della FDA (l’analogo ente americano) che ne ha sollecitato l’uso nei bambini al di sopra dei 6 anni.
Alla fine di Agosto il New Scientist ed il Washington Post hanno pubblicato un articolo attraverso il quale hanno rivelato che il 60% degli scienziati a cui dobbiamo la stesura del DSMIV, ovvero il manuale di riferimento della psichiatria internazionale, ricevono a vari titoli, finanziamenti dalle industrie produttrici di psicofarmaci. Tale percentuale sale poi al 100% se ci si riferisce al gruppo che ha classificato i disturbi che devono essere presi in considerazione per la diagnosi di schizofrenia.
All’inizio di Settembre è uscito per i tipi de Il Saggiatore il libro “Farma&co”di Marcia Angell medico internista, già direttrice del New England Journal of Medicine, il più autorevole tra i giornali scintifici medici, attualmente docente alla Harvard Medical School, che denuncia con dovizia di inconfutabili documentazioni, le gravissime influenze politico-economiche che interferiscono pesantemente con le decisioni della FDA nella valutazione e nelle indicazioni dei farmaci.
Al di la delle valutazioni etiche o legali, da queste denuncie emergono alcuni problemi di fondo che è doveroso evidenziare che:
la pura legge di mercato applicata ai problemi della salute può dare risultati perversi.
La malattia può essere considerata come un momento di crisi in cui un individuo si pone fuori dal contesto sociale e produttivo manifestando un bisogno primario. Dato il valore che le culture attribuiscono al singolo individuo pressochè tutte le società civili si assumono il carico solidale di garantire a tutti il mantenimento dello stato di salute. Dunque un elemento terzo si frappone tra chi manifesta un bisogno e chi è in grado di provvedere al suo soddisfacimento. Se si decide di regolare i rapporti tra gli interessati secondo le regole di mercato si realizzano gravi incongruenze. Mentre lo stato, che gestisce il danaro pubblico, dovrebbe muoversi secondo principi di solidarietà gestendo le risorse nel modo più oculato possibile, il fornitore di servizi Il mercato infatti non ha come fine intrinseco il benessere della persona ma semplicemente il profitto. In funzione di ciò l’industria farmaceutica non ha alcun interesse a finanziare ricerche allo scopo di incrementare la conoscenza ma è ovvio che sia interessata a ricerche che abbiano come oggetto la realizzazione di nuovi farmaci (o di nuove presentazioni dello stesso farmaco).
Da ciò si giunge al paradosso che nuove malattie sono codificate in funzione di nuove molecole lanciate sul mercato. Come può avvenire tutto ciò? Molto semplicemente: basta indire una “consensus conference” in cui autorevoli scienziati convengono che un disturbo rappresenta una entità nosologica da curare con un farmaco, oppure che un allontanamento dalla norma di un valore non può essere considerato una variabile, ma il segno premonitore di una malattia da prevenire con l’uso cronico di un farmaco. (vedi farmaci anticolesterolo, anti osteoporosi ecc)