I due “interruttori” della vita

I due “interruttori” della vita

I DUE “INTERRUTTORI” DELLA VITA

 

Carlo de Michele

8 Dicembre 2007

 

Nei primi giorni di Dicembre ha trovato ampio spazio sulla stampa quotidiana la notizia che gli esperti di Medicina Perinatale stanno si sono riuniti per formulare le Linee Guida di comportamento nei riguardi dei nati prematuri. Questo documento si basa sulle esperienze del Prof. DONZELLI, neonatologo dell’Ospedale Meyer di Firenze e coautore della “Carta di Firenze” 2004, primo “tentativo di scrivere linee guida sull’accanimento terapeutico sui prematuri”. In accordo con quanto è ormai prassi in molti paesi del nord europa in cui non si pratica mai rianimazione prima del compimento della 23° settimana, il Prof. Donzelli afferma che “La zona del buio è la ventiduesima settimana, dalla 23 alla 24 è una zona grigia, dopo la 24ma si rianima”. Anche Claudio Giorlandino, presidente della Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale afferma che    “la qualità della vita nei prematuri è bassa. I danni cerebrali da prematurità, come le emorragie cerebrali, sono frequenti con conseguenti i danni neurologici” e quindi nel giudizio terapeutico non bisogna basarsi esclusivamente sulle possibilità tecnologiche ma sulla qualità della vita che dagli atti terapeutici consegue.

Ovviamente l’articolo pubblicato dal Corriere della Sera ha prodotto una serie di risposte polemiche da parte di religiosi e moralisti, quali la Senatrice BINETTI, Savino PEZZOTTA, Mons Esilio TONINI.

 

Stabilire un limite per l’intervento di rianimazione del neonato significa che possibile individuare con certezza in quale momento della gestazione il prodotto del concepimento acquista una capacità di vita autonoma. Ciò costituirebbe un supporto difficilmente confutabile a vantaggio sia della terapia intensiva dei feti prematuri sia della opinabilità della legge 194 che pone un limite generico all’aborto terapeutico con   la dizione “possibilità di vita autonoma del feto”.

 

Oggi infatti sembra possibile stabilire questo limite non basandosi solo sull’osservazione clinica ma anche in funzione di recentissime scoperte nel campo della embriologia.

 

Nel Dicembre 2005 è stato pubblicato un lavoro scientifico in cui Inoki e AA: hanno dimostrato che esiste un preciso momento in cui il prodotto del concepimento acquista una capacità di vita autonoma. Esso è esattamente intorno alla 24° settimana allorché arriva a completamento una via nervosa che ci era ancora sconosciuta. Questa mette in contatto diretto   un nucleo cerebrale detto “Nucleo soprachiasmatico” con la parte corticale della ghiandola surrenale.

Il Nucleo soprachiasmatico, alla nascita, viene   stimolato dai recettori della retina, l’impulso nervoso viene condotto direttamente alla corteccia surrenale che viene attivata a rilasciare nel sangue i suoi prodotti.

Questo fenomeno, comune a tutti i mammiferi, può essere considerato come un vero e proprio “interruttore della vita” poiché da esso dipende la partenza del tempo umano, cioè la sincronizzazione degli orologi interni come quello del ritmo sonno veglia, i ritmi digestivi, l’attività ritmica delle ghiandole interne, il ritmo respiratorio.

Dunque, prima della realizzazione di questo circuito, attivatore della vita animale, qualsiasi rianimazione è destinata al fallimento.

Ma se stabilire l’inizio della possibilità di vita “animale” è sufficiente ai neonatologi non è di grande aiuto a chi deve interessarsi di interruzione di gravidanza. Chi si oppone a qualsiasi forma di aborto si appella al principio del Rispetto della vita, ma poiché anche il migliore dei cristiani non disdegna di interrompere molte vite biologiche (vegetali ed animali) in funzione dei suoi bisogni alimentari sarà necessario cercare di stabilire quando la vita animale si trasforma in VITA UMANA.

Ancora una volta è proprio seguendo le stimolazioni retiniche da parte della luce che possiamo avere una risposta.

Alla nascita come abbiamo visto gli stimoli luminosi arrivano al nucleo soprachiasmatico; da qui prendono due strade:una porta, come abbiamo visto, sino alla corteccia surrenale, l’altra alla parte posteriore del cervello dove, a causa della immaturità della corteccia cerebrale non possono essere tradotti in immagini precise. L’impulso luminoso si diffonde a tutta la corteccia cerebrale in modo aspecifico determinando un momentaneo blakout. Il bambino apre gli occhi alla luce con qualche attimo di ritardo: sembra quasi dormire di un sonno che può ormai solo sognare ciò che ha appena lasciato. Sono le manipolazioni della levatrice che lo porteranno al suo nuovo mondo. Ma la cosa più importante è proprio quel momento di non presenza che gli permette di cominciare una attività di tipo immaginativo, elemento discriminante con qualsiasi altro animale, che si costituisce come base della capacità umana di pensare.

Dunque abbiamo gli elementi per affermare che la vita animale non può iniziare prima della 24° settimana di gestazione, e che la vita animale diventa umana alla nascita in funzione del modo tipicamente umano di reagire alla luce